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7 gennaio 2016

2/16. Cassazione, opposizione a decreto ingiuntivo: l’onere della mediazione obbligatoria deve gravare sull’opponente (Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2016)

=> Cassazione civile, 3 dicembre 2015, n. 24629

Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segua l’opposizione (I), è sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria, pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex articolo 653 c.p.c. Difatti, l’art. 5, d.lgs. n. 28 del 2010 (II) è stato costruito in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretato alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell’efficienza processuale; in questa prospettiva la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira – per cosi dire – a rendere il processo la estrema ratio (III): cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse.

(I) Su mediazione e procedimento ingiuntivo si veda la giurisprudenza di merito raccolta nella sezione massimario Giurisprudenza (massimario e banca dati).



Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2016

Cassazione civile
Sezione III
3 dicembre 2015
Sentenza n. 24629

Omissis

Svolgimento del processo

La --- srl ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi avverso la sentenza del 16.5.2013 con la quale la Corte d’Appello di Torino – in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti su ricorso della --- srl per il pagamento di canoni di locazione – aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato improcedibile l’opposizione proposta per il mancato avvio della mediazione obbligatoria ai sensi del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5.
Resiste con controricorso la --- srl.

Motivi della decisione

In via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente.
Vero è che è ammissibile l’impugnazione con la quale l’appellante si limiti a dedurre soltanto vizi di rito avverso una pronuncia che abbia deciso anche nel merito in senso a lui sfavorevole, solo ove i vizi denunciati comporterebbero, se fondati, una rimessione al primo giudice ai sensi degli articoli 353 e 354 c.p.c..
Nelle ipotesi in cui, invece, il vizio denunciato non rientra in uno dei casi tassativamente previsti dai citati articoli 353 e 354 c.p.c., e’ necessario che l’appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito.
Diversamente, l’appello fondato esclusivamente su vizi di rito e’ inammissibile, oltre che per un difetto di interesse, anche per non rispondenza al modello legale di impugnazione (S.U. 14.12.1998 n. 12541; da ultimo Cass. 29.1.2010 n. 2053; Cass. 25.9.2012 n. 16272).
Ma questo solo se la pronuncia abbia deciso anche nel merito in senso sfavorevole all’impugnante; situazione che non si e’ verificata nel caso in esame di pronuncia, solo in rito, sulla improcedibilità della opposizione.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione, falsa applicazione di norma di diritto (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3): in particolare, violazione del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5. La disposizione di cui al Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5, di non facile lettura, deve essere interpretata conformemente alla sua ratio.
La norma è stata costruita in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell’efficienza processuale.
In questa prospettiva la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira – per cosi dire – a rendere il processo la estrema ratio: cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse.
Quindi l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo.
Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la difficoltà di individuare il portatore dell’onere deriva dal fatto che si verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che il creditore del rapporto sostanziale diventa l’opposto nel giudizio di opposizione.
Questo può portare ad un errato automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale (che normalmente è l’attore nel rapporto processuale) la parte sulla quale grava l’onere.
Ma in realtà – avendo come guida il criterio ermeneutico dell’interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione – la soluzione deve essere quella opposta.
Invero, attraverso il decreto ingiuntivo, l’attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo.
E’ l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore.
E’ dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché è l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga.
La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice.
Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso decreto ingiuntivo.
E’, dunque, l’opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex articolo 653 c.p.c..
Soltanto quando l’opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente convenuto sostanziale, opposto – attore sostanziale.
Ma nella fase precedente sarà il solo opponente, quale unico interessato, ad avere l’onere di introdurre il procedimento di mediazione; diversamente, l’opposizione sarà improcedibile.
Il motivo, quindi, non è fondato.
Con il secondo motivo si denuncia vizio di omessa, insufficiente, e comunque contraddittoria, motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Il motivo è inammissibile perché aspecifico.
La ricorrente, al di là della critica, soltanto enunciata, non specifica, ne’ riporta in ricorso, quali siano le parti della motivazione insufficienti, carenti o contraddittorie, ne’ indica quali siano le ragioni della decisività degli errori motivazionali; vai a dire la loro rilevanza ai fini della decisione.
Conclusivamente il ricorso è rigettato.
La novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese.
Sussistono le condizioni per l’applicazione del disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla Legge n. 228 del 2012.

PQM

La Corte rigetta il ricorso Compensa le spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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