DIRITTO D'AUTORE


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22 febbraio 2013

23/13. Mediazione demandata e “diritto alla mediazione” (Osservatorio Mediazione Civile n. 23/2013)


=> Trib. Varese, 14 dicembre 2012

La pronuncia C. Cost. n. 272 del 2012 (1) sull’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28 del 2010 non ha inciso in alcun modo sull’istituto della mediazione su invito del giudice. Anzi, espunto dunque dall’ordinamento l’Obbligo della Mediazione, rimane comunque vivo il Diritto alla Mediazione, che trova respiro attraverso l’eventuale adesione delle parti all’invito sottoposto dal giudice.


In particolare, osserva il Giudice:

  • la mediazione cd. delegata è espressione del diritto del destinatario del Servizio Pubblico di Giustizia a potere beneficiare della procedura di risoluzione amichevole della lite, in linea con la cultura giuridica propria di altri Ordinamenti europei (e non);
  • l’art. 5 comma II, D.lgs. n. 28 del 2010 riconosce il diritto del litigante alla possibilità di sperimentare il tentativo di mediazione e, nel riconoscere questa situazione giuridica soggettiva, conferisce al giudice il potere di farsi veicolo per valorizzare e sfruttare la potenzialità di composizione bonaria della vertenza. Quanto è reso evidente dalla matrice volontaristica dell’istituto che non nasce dalla imposizione del giudice bensì dalla volontà delle parti stesse (totalmente libere, in quanto il rifiuto non deve essere nemmeno motivato e non attrae a sé nessun tipo di conseguenza).
Fattispecie: lite su questioni economiche, nella fase esecutiva (opposizione ad atto di precetto), relativa a parti già coniugi, seppur nella fase successiva alla separazione giudiziale. La pregressa sussistenza di legami familiari e il tipo di difese e contestazioni che sono state introdotte in lite dai litiganti, suggeriscono al giudice di sottoporre alle parti l’opportunità di un percorso di mediazione.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 23/2013

Tribunale di Varese
Sezione prima civile
14 dicembre 2012
Ordinanza

…omissis…

L’odierna lite trae linfa da questioni economiche, nella fase esecutiva (opposizione ad atto di precetto), relativa a parti già coniugi, seppur nella fase successiva alla separazione giudiziale. La pregressa sussistenza di legami familiari e il tipo di difese e contestazioni che sono state introdotte in lite dai litiganti, suggeriscono di sottoporre alle parti l’opportunità di un percorso di mediazione.

Ai sensi dell’art. 5, comma II, d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, il giudice può invitare le parti a valutare la possibilità di un tentativo stragiudiziale di mediazione, dove taluni elementi della lite siano indicativi di una buona probabilità di chances di conciliazione, “valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti”. Nel caso di specie, gli elementi sopra indicati effettivamente inducono questo giudice a proporre alle parti di valutare l’opportunità di un percorso di mediazione in vista di una possibile conciliazione, posto che la mediazione, diversamente dalla statuizione giurisdizionale, può guardare anche all’interesse (pubblico) alla “pace sociale”,  favorendo il raggiungimento di una conciliazione che non distribuisce ragioni e torti ma crea nuove prospettive di legame destinate a far sorgere dal pregresso rapporto disgregato nuovi orizzonti relazionali.

La Consulta, in tempi recenti, (con la decisione: Corte Cost., sentenza 27 novembre 2012 n. 272, Pres. Quaranta, est. Criscuolo) ha, come noto, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
Sulla scorta dell’opinione giurisprudenziale già emersa (v. Trib. Lamezia Terme, ordinanza 8 novembre 2012; Trib. Varese, sez. I civile, ordinanza 9 novembre 2012 entrambe su: www.ilcaso.it) deve però rilevarsi come la questione non abbia inciso in alcun modo sull’istituto della mediazione su invito del giudice nel senso che la falcidia della incostituzionalità ha colpito solo la mediazione cd. obbligatoria e gli istituti annessi che le orbitavano attorno rafforzandone il regime.
Anzi: deve ravvisarsi, nell’ambito dell’art. 5 comma II dlgs 28/2010, un “diritto” delle parti coinvolte nei processi giurisdizionali, a fronte dell’“obbligo” che animava la previsione del comma I. In altri termini, la mediazione cd. delegata è espressione del diritto del destinatario del Servizio Pubblico di Giustizia a potere beneficiare della procedura di risoluzione amichevole della lite, in linea con la cultura giuridica propria di altri Ordinamenti europei (e non). L’art. 5 comma II cit., insomma, riconosce il diritto del litigante alla possibilità di sperimentare il tentativo di mediazione e, nel riconoscere questa situazione giuridica soggettiva, conferisce al giudice il potere di farsi veicolo per valorizzare e sfruttare la potenzialità di  composizione bonaria della vertenza. Quanto è reso evidente dalla matrice volontaristica dell’istituto che non nasce dalla imposizione del giudice bensì dalla volontà delle parti stesse, totalmente libera in quanto il rifiuto non deve essere nemmeno motivato e non attrae a sé nessun tipo di conseguenza.
E, infatti, secondo la giurisprudenza di questo tribunale, l’invito rivolto dal giudice alle parti può essere liberamente valutato dalle stesse, non ricollegando la Legge alcuna conseguenza di sfavore all’eventuale rifiuto (v. Tribunale di Varese, sezione prima civile, ordinanza 6 luglio 2011 in www.tribuanle.varese.it; e in Giur. Merito, 2011, 11, 2691). Trattasi di indirizzo a maggior ragione oggi da sostenere, in quanto, altrimenti, vi sarebbe il rischio di veicolare, mediante la mediazione delegata, una forma di surrettizia mediazione obbligatoria.

Ne consegue che, espunto dall’ordinamento l’Obbligo della Mediazione, rimane comunque vivo il Diritto alla Mediazione, che trova respiro attraverso l’eventuale adesione delle parti, all’invito sottoposto dal giudice.

P.Q.M.

Letto ed applicato l’art. 5, comma III, d.lgs. 28/2010

1) invita le parti a valutare l’opportunità di procedere alla mediazione nelle debite forme previste dalla Legge, avvisandole che il compenso dei mediatori, in caso di adesione, dovrà essere dalle stesse sostenuto, ai sensi dell’art. 16 DM 180/2010.

2) rinvia la causa all’udienza del 15 febbraio 2013 ore 9.50 per raccogliere gli eventuali consensi o rifiuti. Se le parti aderiscono all'invito, “il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di quattro mesi”, assegnando contestualmente alle stesse il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

Varese lì 14 dicembre 2012

Il Giudice,
G. Buffone.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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